CHIESE DI SICILIA, DUE INTERVENTI URGENTI
Due grossi
fatti di cronaca meritano un intervento urgente anche da
parte delle gerarchie ecclesiastiche, a motivo delle
ricadute etiche che coinvolgono famiglie, strutture
economiche e persone assolutamente deboli in serio pericolo
di vita.
Il primo
motivo di intervento riguarda la ventilata chiusura
dello stabilimento Fiat di Termini Imerese o un suo
ulteriore ridimensionamento del 22%, secondo la linea soft
del responsabile in capo Marchionne.
L’attivismo
dei dirigenti del Lingotto di Torino per acquistare nuove
posizioni in campo mondiale, sia in America con la Crysler
che in Europa con l’Opel, è stato salutato da tutti con un
certo orgoglio per la capacità dell’industria italiana di
essere, almeno in questo settore, competitiva e punto di
riferimento per aziende in crisi; ma ora che si cominciano a
conoscere meglio i contenuti di ipotesi di accordo (le
notizie vengono fatte filtrare con una strategia di grande
finezza psicologica) una certa paura serpeggia tra gli
operai. In particolare tra quelli di Termini Imprese da
tempo in turni di cassa integrazione e sempre soggetti al
rischio di chiusura, nonostante che il governo regionale e
la Comunità europea abbiano elargito notevoli contributi per
impedire la fine della produzione. Sarebbe quanto mai
opportuno che i Vescovi siciliani attraverso gli uffici
della Cesi e gli organismi della Chiesa italiana unissero la
loro voce a quella dei politici (il governatore Lombardo
parla addirittura di scelte di lotta), dei sindacati, delle
forze produttive perché la Sicilia non perda il polo
industriale di Termini Imerese che tra Fiat e indotto da
lavoro a migliaia di lavoratori che rischiano di andare ad
aggiungersi alla lunghissima fila di disoccupati ai quali
non è rimasta nemmeno la speranza.
Il
secondo motivo di un intervento urgente della Cesi è
dato dal “respingimento” di 227 clandestini riportati in
Libia, punto di partenza, dopo essere stati soccorsi da
motovedette italiane. É la prima volta che accade e il
ministro degli interni Maroni lo considera un fatto storico.
Organizzazioni umanitarie e competenti organismi dell’Onu lo
considerano invece un fatto vergognoso di cui l’Italia non
si sarebbe dovuto macchiare. E’ più che ovvio che il
continuo flusso di clandestini a Lampedusa, e da qui in
diversi paesi europei, pone numerosi e gravi problemi sotto
molti punti di vista, e l’argomento va affrontato nelle sedi
competenti con grande lungimiranza e spirito di
collaborazione. Ma siamo sicuri che consegnare alla Libia
gente che scappa perché i propri paesi sono in guerra
(Somalia, Eritrea) o perseguitano per ragioni etniche,
politiche e religiose (Sudan…) sia la soluzione più
umanitaria? La Libia che non ha firmato la convenzione
internazionale per i diritti umani e non è un paese
democratico, come tratterà questa povera gente. Chi vigilerà
e potrà garantire sul loro futuro e sulla loro stessa
esistenza. Saranno rispediti ai paesi di provenienza? E come
saranno trattati quanti sono scappati per ragioni politiche?
Non sarebbe stato più opportuno sapere se molti dei 227
rispediti chiedevano asilo politico, come prescrivono le
norme del diritto internazionale che paesi come l’Italia
dovrebbero rispettare per primi? La Chiesa siciliana che ha
una tradizione umanitaria di grande spessore non può
assistere impotente ad un fenomeno del genere e, ne siamo
sicuri, non mancherà di far sentire la propria voce.
Vincenzo Noto