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Reinventare il Concilio Testimone della primavera del Vaticano II il giornalista scrittore Barraco non cessa di sognare il suo ritorno
Reinventare il Concilio riappropriarci del sogno, della pazzia, avere la voglia di una storia nuova, di una nuova Pentecoste. Volere il fuoco, lasciarci dipendere dal fuoco, costringere dal fuoco Meravigliosamente, David Maria Turoldo: "Vogliamo ancora profeti a rompere le nuove catene in questo infinito Egitto del mondo, oceano di gemiti e pianto di schiavi sotto imperiosi terrori". Dall'assedio all'apertura, il fascino di un sogno che diventava realtà, l'attenzione che si apriva al mondo contemporaneo, alla storia, ai suoi valori l'alleanza della fede con la ragione la rinunzia definitiva alla scomunica della terra. Così Paolo VI nel discorso di chiusura del Concilio: "L'umanesimo laico profano, la religione del Dio che si è fatto uomo... che cosa è avvenuto? Uno scontro, una lotta, un anatema? Poteva essere, ma non è avvenuto. L'antica storia del samaritano è stata il paradigma della spiritualità del Concilio. Una simpatia immensa lo ha tutto pervaso. La religione cattolica e la vita umana riaffermano così la loro alleanza, la loro convergenza in una sola umana realtà: la religione cattolica è per l'umanità". Straripante riappropriazione, nella "Lumen Gentium", del protagonismo profetico, sacerdotale, regale, dei laici; inaspettata dichiarazione di simpatia per il mondo, nella "Gaudium et spes"; perentoria affermazione del diritto-dovere della libertà religiosa di tutti gli uomini, nella "Nostra aetate". Rivivere il Concilio oggi. Fascino, responsabilità, notizia dello Spirito che è ancora in mezzo a noi.
1- Certo, come negarlo? Alla volontà, dichiarata da Giovanni XXIII, di indire un Concilio, si fece, allora, un silenzio imbarazzante. Fu spavento, allarme per una fede che si temeva "esposta". Si parlerà di "fumo di Satana penetrato nella Chiesa", così come oggi si cerca di delegittimare il Concilio accusando la celebrazione di questi 50 anni quale "aurea di mitologia, di agiografia, di retorica". Una speranza tradita? Eppure una notizia, una speranza che resiste ancora oggi. Quel giorno, quel Concilio fu un sogno carico di evento, vissuto nel fuoco, nel vento dello Spirito. Svolta, rivoluzione, prima vera, come la "grazia più grande fatta da Dio alla sua Chiesa". Nonostante difficoltà, lacerazioni, travagli, nonostante il peso di peccati infamanti, penso che possa essere considerato, ormai, un dato con-diviso da molti. Si è trattato di un passaggio decisivo: da meccaniche di condanna a ricerche di dialogo; da dicotomie ecclesiali a vocazioni unitarie e vitali; dalla paura dell'assedio all'apertura, al confronto con la modernità; dalle contaminazioni del potere alla libertà dei fedeli laici di mediare le soluzioni politiche; dagli schemi organizzativi all'irrompere di movimenti di condivisioni con la povertà, di compresenze religiose in ascolto di Dio, di stima dei non credenti, di ricerca, di frequentazione del Cortile dei gentili.
2 -li Concilio era, allora, nell' "inattuale", nelle proposizioni di coraggio, nel dibattito dei teologi, cattolici, protestanti. Da Lagrange a Guardini, da Chenu a Rahner, da De Lubac a Conger, a Balthesar, a Barth... Più vicini, qui, da noi, il gruppo di Bologna, l'insurrezione, la vivacità, lo studio, Dossetti, Raniero La Valle, Lercaro. Ma il Concilio era già nello Spirito, ed era nel cuore di tutto il popolo di Dio, che sentiva, che intuiva, che aveva bisogno di pensare una fede "altra", di liberare il Vangelo dalle strettoie, dalle scomuniche, dalle controtestimonianze, da colpe storiche ingombranti. Una Chiesa che fosse la Chiesa delle origini povera e disarmata. Ammettere, oggi, tradimenti e ritardi, è guardare la storia con umiltà. La verità di una Chiesa -siamo tutti noi -che elenca l'indebolimento della fede dei credenti, la burocratizzazione delle strutture ecclesiastiche, la perdita di dinamismo, di slancio missionario, e però anche una società che vanta una mentalità edonistica e consumistica, la pratica esclusione di Dio dalle domande che l'uomo si pone, una secolarizzazione con tutte e disuguaglianze sociali, il terrorismo della fede, lo sfruttamento delle risorse naturali, le manipolazioni scientifiche.
3 -Al di là delle tante questioni ancora in discussione, quali la regolamentazione delle nascite, l'ammissione delle donne al ministero sacerdotale, il celibato dei preti, c'è, comunque, una fede sulla quale giurare: il Regno di Dio ha più futuro che passato. Il futuro che ci riscatta dalla maledizione, il futuro che ci sfida, che ci provoca, che ci interpella. Il futuro di un Concilio che diventi esigenza di tutti, storia concreta del territorio, di tutta la comunità nella storia, di tutta una Chiesa che si lasci convertire dal Vangelo. È qui il futuro. E quando il Concilio addirittura fosse tutto adempiuto, vuoI dire che sarebbe ancora da compiere. Un Concilio che si svolga sulla strada, tra gli scenari, le vicende, le domande di questa nostra Sicilia. Un Concilio che incroci il dolore dell'uomo, le lotte, le questioni (la famiglia, la scuola, l'ospedale, il lavoro, la politica, l'informazione...). Un Concilio che si fermi ad ascoltare quelli che non ci sono, quelli che non hanno mai voce, e per i quali parliamo sempre noi. Un Concilio capace di misurarsi con le cause che ritardano le risposte della speranza, capace di offrire mani di misericordia, di alzare tende di accoglienza, di tenerezza per tutti. Sì, un Concilio come sogno. Voglio dire, sogno come vertenza. Come operazione di una concretezza estrema. Come capacità di vivere nella ferita di questo Sud, di lottare, di volere, di credere nell'impossibile che accade ogni giorno.
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progetto: CytyMy