La
Cattedrale d’oro
Il Duomo di Monreale è
fortemente legato ad un progetto politico. La sua struttura
architettonica, la sua imponenza, la ricchezza dei suoi
mosaici sono pensate e realizzate in funzione di una
strategia politica che vuole riportare la Sicilia nell'area
culturale latino-occidentale, sottraendola all'Islam e anche
all'influenza greco-bizantina che aveva ancora una discreta
presenza nell'isola.
Ma questo Duomo che tanto ha
affascinato visitatori di tutto il mondo, è anche funzionale
al progetto politico dei Normanni che avevano già creato
nell'Italia meridionale una forte presenza dominatrice,
grazie anche all'alleanza con il Papato che, nel 1098, aveva
concesso a Ruggero la funzione di Legato pontificio.
La Sicilia viene recuperata
all'area cristiano occidentale e comincia a muoversi
all'interno della civiltà europea. Guglielmo il Buono fa
scelte strategiche che si riveleranno quanto mai utili al
potere normanno: non lotta i musulmani con le armi ma con la
cultura, e fonda una Abbazia con un grandioso monastero ed
un chiostro che ancora oggi suscita interesse nei visitatori
e negli studiosi.
Il progetto di Guglielmo II
è veramente ambizioso: superare ogni altra opera già
realizzata dai Normanni in Sicilia quali la Cappella
Palatina e la Cattedrale di Cefalù; creare, attraverso la
presenza di monaci benedettini, un centro di diffusione
della neolatinità; imporsi all'attenzione degli altri
sovrani entrando in competizione con loro grazie ad una
residenza reale collegata al Duomo, come avevano fatto
Costantino nel IV secolo a Roma, in San Giovanni in
Laterano, e Giustiniano nel VI secolo a Santa Sofia.
Gli studiosi del Duomo
solitamente si confrontano su due problemi fondamentali: sul
tempo occorso per l'edificazione e il rivestimento
musivo,sulle maestranze e l'unitarietà della direzione dei
lavori.
Sul primo punto si può oggi
affermare con buoni margini di sicurezza che l'esecuzione
dell'opera, nonostante la sua grandiosità, ebbe tempi
abbastanza rapidi: si va dal 1172 al 1176, mentre gli 8 mila
mq di superficie d'oro dovevano già essere completi nel
1189, anno della scomparsa di Guglielmo II a soli 36 anni.
Per quanto riguarda le
maestranze, vista la molteplicità delle componenti
stilistiche, è facile pensare che sia stata utilizzata mano
d'opera con diversa esperienza artigianale sotto la
direzione di un unico progettista, in possesso di vaste
conoscenze artistiche e dotato di una grande capacità di
sintesi. E che il progettista fosse unico, sia per la
struttura architettonica che per la realizzazione dei
mosaici, lo si può dedurre dal fatto che l'architettura in
più punti sembra sottomessa alle esigenze della decorazione
musiva. Per gli studiosi, comunque, è fuori dubbio che il
modello ispiratore è stato la Cappella Palatina, anche se
occorre sottolineare che, data la grandezza del monumento,
si è fatto ricorso a tecniche più sofisticate.
Appena entrati nella navata
centrale che è tre volte più grande di quelle laterali, si è
colpiti in maniera particolare, dalla maestosità del Cristo
Pantocratore (testa e barba compresa sette metri; mano
destra un metro ed 80 centimetri; altezza complessiva 7
metri; larghezza totale alla base 13 metri e mezzo), punto
di incontro del vecchio e del nuovo Testamento.
La sua centralità e la sua
immensità stanno ad indicare il trionfo del cristianesimo
sulle altre culture, soprattutto su quella islamica, e sono
l'espressione più vera del progetto politico dei Normanni:
fare del cristianesimo il momento unitario di ogni
esperienza religiosa e culturale.
Prima di addentrarci nella
lettura del manto musivo occorre dire qualcosa del portico
laterale, della facciata e del portico centrale, delle due
porte di bronzo e delle absidi. Costituito da undici archi,
retti da dodici colonne, il portico è stato costruito dal
1547 al 1562 dai fratelli Giovanni e Fazio Gagini su
commissione del cardinale Alessandro Famese e su disegno di
Biagio Timpanella. Si tratta certamente del rifacimento di
un portico preesistente ordinato nel 1542 dal regio
Visitatore, Francesco Vento. Ma non si sa nulla sulla forma
del portico antico.
Della facciata originale è
rimasto ben poco tranne, sopra il portico, la decorazione ad
archi intersecantesi fra di loro che ripetono il tema delle
absidi.
Delle due torri una è
rimasta incompiuta da sempre, mentre quella di destra a
causa di un fulmine nel 1807 è rimasta priva del quinto
piano e della cuspide. Le due torri erano collegate da un
portico che doveva dare all'ingresso un senso di
grandiosità. Quello attuale in stile dorico con tre archi a
tutto sesto è stato progettato dell'architetto monrealese
Antonio Romano ed è stato realizzato da Ignazio Marabitti
dopo un secondo crollo che si è avuto nel 1770.
La porta laterale di bronzo,
realizzata da Barisano da Trani dopo il 1186, è costituita
da 28 formelle di temi prevalentemente cristiani divise tra
di loro da fasce ornamentali classicheggianti. La porta del
Paradiso (mt. 7,80 x 3,90), il portone principale, è opera
di Bonanno Pisano che la realizzò nel 1186 ed è costituita
da 40 formelle, che raccontano la storia del vecchio e del
nuovo testamento da Adamo ed Eva sino all'Ascensione. Le
didascalie sono in lingua volgare mista a lingua latina. A
sinistra in basso si può leggere la firma dell'autore.
Il primo approccio con il
Duomo di Monreale il visitatore lo realizza attraverso le
absidi, volte ad oriente, ricche di archi ogivali e
particolarmente vivaci a motivo del contrasto dei colori. È
un motivo ornamentale che si trova in altre parti esterne
del Duomo, presente anche in altri edifici normanni
dell'Italia meridionale. Due i colori base degli intarsi in
pietra: il bruno-dorato del calcare e il grigio nero del
tufo lavico. Ci sono poi una ricca fascia di mattoni rossi e
quella bianca dell'intonaco.
Senza una conoscenza
abbastanza approfondita della Bibbia non è facile
apprezzare, anche dal punto di vista artistico, l'immenso
manto musivo di questa Cattedrale d'oro. È vero che in un
contesto culturale nel quale quasi nessuno sapeva leggere, i
mosaici di Monreale erano "La Bibbia dei poveri" perché
tutti potevano coglierne il significato, ma è anche vero che
coloro che li ammiravano erano cristiani e quindi
conoscevano molti particolari della Bibbia attraverso le
omelie delle cerimonie liturgiche.
C'è ormai una descrizione
schematizzata dei mosaici attraverso cinque cicli facilmente
individuabili.
A) Sulle pareti della navata
centrale si snoda il racconto del vecchio Testamento con le
scene della creazione fino alla lotta di Giacobbe con
l'Angelo. Sull'arco che introduce al presbiterio sono
riprodotti gli antenati di Gesù fino ai figli di David,
Salomone e Roboamo.
B) Le pareti interne del
presbiterio ospitano la vita di Gesù che continua nel lato
destro con episodi della sua vita pubblica e, nel lato
sinistro, con la passione fino alla Pentecoste. Nella scena
della Pentecoste manca la Madonna che dagli Atti viene data
presente al momento della discesa dello Spirito Santo.
C) Al centro spicca la
figura di Cristo Pantocratore che è il vero protagonista del
racconto biblico del Duomo. È una centralità che
nell'insieme architettonico riveste una valenza non solo
teologica, ma sociale e politica. Segna il ritorno del
cristianesimo come religione dominante e centrale in un'area
geografica che era stata dominata dall'islamismo e che
adesso, attraverso l'azione politica dei Normanni, tornava
alla religione cattolica. Fanno corona al Cristo gli
arcangeli Michele e Gabriele, Raffaele e Uriele. A grossi
caratteri sui fondi d'oro il canto del Sanctus che Isaia
aveva sentito intonare dai Serafini durante la consacrazione
profetica. Tutti i personaggi dell'abside che fanno corona a
Cristo sono in piedi tranne la Madonna, la "tutta pura" che
è seduta mentre regge con la destra il Bambino benedicente.
D) Episodi della vita di
Gesù (ma non vengono mai riportate le parabole che il
Maestro soleva raccontare per rendere più comprensibile il
suo insegnamento) sono riprodotti nelle due navate minori
che, in qualche modo, spingono il visitatore sempre verso
l'abside centrale intera del Cristo Pantocratore.
E) Le due absidi laterali
illustrano la vita di san Pietro e di san Paolo con episodi
descritti anche dagli Atti degli Apostoli.
All'interno del presbiterio
sul lato sinistro una attenzione particolare va dedicata
alla raffigurazione dell'incoronazione di Guglielmo II per
affermare che i sovrani normanni, come gli altri sovrani,
ricevevano il potere da Dio stesso, mentre sul lato destro
troviamo la scena di Guglielmo che consegna alla Madonna
l'archetipo del Duomo.
È stata forte, nel corso dei
secoli, la tentazione di introdurre all'interno di un tempio
così maestoso e così ammirato dai visitatori di tutto il
mondo, un qualche fattore di novità strettamente legato alla
produzione artistica dell'epoca. Così sono nate le cappelle
del Crocifisso, di san Castrense, protettore della diocesi,
di san Benedetto. Tutte realizzazioni che in se stesse
rivestono una certa importanza per le opere che contengono,
ma che certamente sono sempre dei corpi estranei a quanto
prodotto dalle maestranze di Guglielmo Il.
Significativo esempio del
barocco siciliano, la Cappella del Crocifisso fu realizzata
nel 1690 dall'arcivescovo spagnolo Giovanni Roano
utilizzando lo spazio di collegamento tra il Duomo e l'ex
palazzo reale. Venne così data degna collocazione ad uno
splendido Crocifisso quattrocentesco e adeguata sepoltura,
nella cripta, a numerosi arcivescovi di Monreale. La pianta
della Cappella, progettata dal cappuccino Fra' Giovanni da
Monreale (sostituito poi dal gesuita Angelo Italia) è
poligonale. Tutta la decorazione esuberante di intarsi
gravita intorno al tema della Passione.
L'avere portato a Monreale
una comunità di monaci benedettini che con l'attività
liturgica e culturale potesse favorire il processo di
inserire la Sicilia all'interno della civiltà europea, ha
richiesto la realizzazione di un monastero all'interno del
quale occupa un posto assolutamente centrale il chiostro nel
quale i monaci salmodiavano e si confrontavano sulle loro
ricerche culturali.
A completare la maestosità
del Duomo Guglielmo Il fa realizzare un chiostro con 228
colonne, il più completo monumento della scultura romanica
in Sicilia, un perfetto quadrato di 47 metri per 47.
Appartiene alla tradizione
islamica il profilo ogivale degli archi e l'insieme dei
disegni geometrici. Non è facile interpretare molte scene
dei capitelli: si passa da episodi della vita di Gesù a
scene di caccia, di guerrieri in lotta, di episodi della
mitologia.
Anche per il chiostro gli
studiosi si sono posti il problema delle maestranze e del
coordinamento artistico. La tesi prevalente è che abbia
operato un'unica maestranza composta da cinque maestri,
quasi sempre di origine provenzale, assistiti da una
manovalanza professionalmente molto abile.
Resta sempre l'abbondanza
dell'oro profuso in ogni angolo del Duomo, la chiave di
lettura che ci permette di cogliere la valenza politica di
questo grande progetto realizzato da Guglielmo II.
L'oro, in tutte le culture,
è segno di potenza, di gloria, di ricchezza, di abbondanza,
è sinonimo di luce. È questo il messaggio del Re normanno
che ormai vuol porre la sua presenza al centro
dell'attenzione dei potenti di Oriente e di Occidente, del
Papato e del mondo islamico. E il Duomo di Monreale realizza
perfettamente quanto stava a cuore al re Buono, che non era
meno ambizioso degli altri re cristiani o non cristiani:
imporre il suo potere a quanti non volevano sottomettersi.
La via della cultura non ha mancato di dare i suoi frutti
anche politici.
Vincenzo Noto