Vincenzo Noto |
L’ufficio regionale per i rapporti con il mondo cattolico dell’Udc ha organizzato nei giorni passato all’Astoria Palace di Palermo un convegno nel quale sono state approfondite le tematiche della presenza politico-partitica di cattolici nelle diverse formazioni politiche. Pubblichiamo l’intervento di don Vincenzo Noto.
“Agli inizi degli anni Settanta con i professori Andrea Piraino e Pino Barbaccia abbiamo pubblicato un saggio dal titolo un pò anticipatore di quanto è accaduto negli anni successivi: I cristiani oltre i partiti? Nel 2001, dopo alcuni anni dagli avvenimenti che sconvolsero la vita politica del nostro paese ho scritto un libro: Da cristiani in politica che affronta le nuove problematiche emerse nella situazione politica italiana e le responsabilità dei cattolici alla luce anche della storia del Movimento cattolico nel nostro paese. Le macerie provocate dopo il crollo del muro di Berlino non sono state ancora rimosse e sono nate espressioni di impegno partitico che non hanno nessuna storia e nessuna cultura politica. E all’interno di questi sconvolgimenti i cattolici continuano ad interrogarsi:Impegno partitico sì o no? E se sì: da soli o insieme. Se insieme: con chi? Nessuno in questo momento può arrogarsi il diritto di dare direttive valide per tutti. Su una cosa mi pare che si registri un consenso sempre più diffuso: i cattolici, proprio in ragione della loro fede, della loro visione dell’uomo, della loro cultura e della loro storia, non possono rifiutare l’impegno politico ritenendolo disdicevole, da lasciare agli altri perché non vogliono confondersi con altre proposte politiche e culturali. Credo che oggi non ci sia molto spazio per chi rifiuta a priori l’impegno politico come non utile per la presenza cattolica e privilegi soltanto la presenza nel sociale che ha anche una sua valenza politica anche se non partitica. Nella Deus caritas est papa Benedetto XVI dopo aver ribadito con forza che la chiesa non è stata istituita per creare un mondo più giusto ma per testimoniare, nel tempo, Cristo morto e risorto, ricorda pire che i fedeli hanno il dovere di lavorare per la giustizia. Potremmo sintetizzare così il dovere (che è anche un diritto) dei cattolici di stare in politica: lavorare per una società più giusta in cui ci sia un’equa distribuzione della ricchezza prodotta attraverso meccanismi dipendenti dalle coordinate storiche e geografiche. In un contesto culturale nel quale le aggregazioni partitiche nascono per l’affermazione di interessi specifici di gruppi, l’impegno dei cattolici per la giustizia sembra un po’ una favola alla quale nessuno crede. Ma la giustizia sociale è il primo e il fondamentale valore di un cattolico che si impegna in politica. La giustizia sociale presuppone una visione dell’uomo. Il credente che segue l’insegnamento di Gesù e della chiesa sa che ogni uomo è ad immagine i Dio, è partecipe della vita trinitaria, è una umanità aggiunta nel tempo al Dio che si è fatto uomo. E sapere che questo uomo è soggetto di diritti e di doveri, è uguale in dignità e in aspettative a tutti gli uomini ed è destinato alla vita eterna responsabilizza ancora di più i cattolici. Un mondo più giusto per un uomo così concepito può essere frutto soltanto dell’impegno politico dei cattolici la cui fede purifica la ragione che deve fare le sue scelte partitiche. Da qui una grande responsabilità: non possiamo lasciare solo agli altri il mondo del partitico e del politico, pena un grande impoverimento per tutta la società. Tutt’altro problema è come, dove, con chi stare nel politico partitico. In momenti di incertezza per il cristiano aumentano le responsabilità. Pilato non ci appartiene, non fa parte della nostra storia. Lavarsi le mani e lasciare campo agli altri non appartiene al nostro Dna. Anche perché gli altri. Senza di noi o contro di noi, non fanno meglio Provate ad esaminare con lenti etiche il profilo politico di tanti personaggi, uomini o donne, che occupano la scena nazionale e vi accorgerete che c’è un grande bisogno dei De Gasperi e dei Moro come di quanti con loro hanno ricostruito l’Italia e dato speranze al nostro paese. Liberare la politica dalle ideologie è stata una conquista. Liberarla dalle idee è una sconfitta per tutti. Da cattolici abbiamo non pochi e seri motivi per essere delusi da come si fa politica oggi nel nostro paese. Si fa una politica non per la persona ma “ad personam”, si sfruttano le paure autentiche della gente per emarginare uomini e donne costretti a lasciare i loro paesi di morte, si salvano le banche ma non si trova l’accordo per le famiglie e le piccole imprese. L’etica liberale ed utilitaristica finisce con il privilegiare l’interesse di pochi. I cattolici guardano per natura all’insieme e non al particolare che è di concezione machiavellica e non cristiana. Per i cattolici si è aperto un momento opportuno nel vuoto culturale ed etico molto generalizzato. La Questione Cattolica come la conoscevamo nel passato stata superata ampiamente. I fedeli laici che fanno politica non dipendono più dai vescovi che nel passato avallavano o impedivano candidature; e i vescovi si relazionano diversamente con le istituzioni statali e non come per il passato attraverso il partito unico dei cattolici, la Democrazia Cristiana. La CEI è diventata anche un soggetto politico che si rivolge a tutti coloro che fanno politica proponendo i propri valori. Nessun partito opera più a nome dei cattolici o della Cei o della Chiesa anche se in ogni partito ci sono presenze degne di rispetto. Questa situazione responsabilizzai cattolici in maniera nuova. Devono essere cittadini e cristiani adulti che non parlano a nome di altri, ma a nome dei propri valori che, innanzitutto, affermano nella vita. La Cei è diventata un gruppo di interesse, di valori cristiani certamente, ma sempre di una parte. I cattolici che fanno politica con tutto il rispetto che hanno di questi valori che condividono, lavorano per il bene di tutta la società. All’interno di questa dialettica c’è tutto il rapporto-scontro:integralismo-laicità. I cattolici in politica sono chiamati ad un atteggiamento creativo e coraggioso anche se pieno di difficoltà. E’ finito il momento in cui le strutture parrocchiali diventavano sezioni di partito e in cambio ne ricevevano cantieri di lavoro o qualche posto negli uffici pubblici. Ma è anche fortunatamente finito il tempo in cui vescovi e parroci potevano essere la fortuna di candidature politiche. La domanda che oggi molti cattolici, alla luce della propria fede e della visione dell’uomo che posseggono, devono farsi è questa: la politica che attualmente si fa per la società civile è la migliore, la più giusta? Non c’è nessuna altra strada per una politica a servizio dell’uomo e per una società migliore? L’arte del possibile può imprigionare l’utopia. Poi bisogna chiedersi come ottenere il consenso intorno alle proprie proposte. E qui entra in gioco la capacità di discernimento perché, ma il discorso non vale solo per chi fa politica, dinnanzi ad una scelta sappiamo comportarci da cristiani responsabili e coerenti.
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progetto: SoMigrafica 2009