Vincenzo Noto

 

 

CHIESA SICILIANA E GOVERNO REGIONALE

 

Sul piano nazionale tutti plaudono alle prime prese di posizione di realtà che si possono fare risalire alla Chiesa nei confronti di quanto, ogni giorno, viene rivelato dalla stampa sul presidente del Consiglio Berlusconi. Molti cattolici si sentono incoraggiati ad esprimere liberamente il proprio pensiero, e basta collegarsi a tanti siti, per cogliere questo senso di libertà.

Ma non possiamo non farci un’altra domanda: perché la Chiesa siciliana non dice nulla sulla crisi che travaglia il governo della Regione?

Risponde ai canoni della morale cristiana  lasciare la Sicilia con un governo incompleto da circa un mese, perché un partito vuole più assessori o li vuole diversi? E’ morale aspettare sempre gli incontri notturni a Roma, a palazzo Grazioli (!), perché a palazzo D’Orleans o a palazzo dei Normanni venga deciso che cosa fare? Siamo, come siciliani, condannati ad essere schiavi ed ascari dei palazzi romani?

Una parola dei Pastori che governano le Chiese di Sicilia sarebbe quanto mai opportuna e forse potrebbe spingere i politici a fare meno calcoli di parte e a pensare un po’ di più al bene della comunità isolana.

O siamo sempre figli della cultura “che a megghiu parola e chidda che nun si dici?”

Quando  nel settembre del 1982 il cardinale Pappalardo, nella chiesa di San Domenico, nell’omelia per i funerali di Carlo Alberto della Chiesa, della giovane moglie, Setti Carraro, e dell’autista, Domenico Russo, parlò di una “povera Palermo”  stimolò un consenso che diede speranza a molti settori della popolazione profondamente delusi dalle istituzioni. Impedì, il porporato che era alla guida della Chiesa di Palermo, che venisse danneggiato il rapporto popolazione-classe dirigente, proprio nel momento in cui responsabilizzava molto i governanti ma non li delegittimava. Il silenzio dei Pastori oggi potrebbe produrre, al di là delle intenzioni dei singoli, un’ulteriore sfiducia nelle istituzioni che si è recentemente manifestata nella scarsa affluenza alle urne non superiore al cinquanta per cento.

Questo stesso silenzio, da molti è interpretato come collateralismo, volontà di non disturbare il manovratore in attesa di qualche beneficio che deve arrivare o di qualcuno che è arrivato,  e per il quale, sembra, sempre secondo  collaudati canoni della cultura siciliana, che bisogna essere grati al potere vita natural durante.

Molti giovani gridano ogni giorno, pagando un caro prezzo, che al potere non bisogna mai chiedere nulla oltre i propri diritti, e non bisogna dargli nulla oltre i propri doveri. Gesù Cristo ci ha insegnato ad avere una libertà interiore che non ha prezzo. E parlando si farà anche il bene di una regione travagliata da enormi problemi per i quali la classe politica si dimostra ogni giorno di più inadeguata.

 

Vincenzo Noto

       

 

 

 

progetto: SoMigrafica 2009