A proposito del crocifisso
Il contributo del professore di filosofia
Vi ricordate di Pietro Aglieri? Il personaggio in
questione s´era costruito una cappella personale con tanto di crocifisso
a protezione della casa privata, forse per ricordare la placida
atmosfera degli anni trascorsi nel seminario da imberbe adolescente.
Ebbene, non solo la sua casa, ma quasi tutti i portafogli degli
appartenenti alle varie famiglie mafiose contengono una miriade di
immagini sacre e longevi santini, fra cui spiccano i vari crocefissi, le
effigie della Annunziata, della miracolosa Santa Rosalia, della
solitaria Madonna di Tagliavia con i suoi panciuti monaci, nonché del
patriarca San Giuseppe, e sicuramente oggi vi trova posto anche
l´onnipresente volto di san Pio da Pietralcina. Di alcuni poi vi sono
addirittura doppioni, quasi varianti di una stessa melodia.
E che dire di tutti quei pesanti crocifissi d´oro ostentati su zerbini
villosi della regione pettorale, che fanno bella mostra di sé su
personaggi molto appariscenti e "ntisi", ma poco inclini a quella
meditazione che "lo scandalo" della croce dovrebbe provocare? Ed in
rapporto a questi tradimenti, allora cosa pensare del crocifisso in un
periodo in cui si discetta se attribuire "visibilità" ad esso, un
simbolo che ci interpella nel tabernacolo più intimo della nostra
coscienza, perché è proprio là che alberga la voce di un Dio che si fa
uomo "solo per me", nel senso che aspetta una adesione personale che
impegna tutto il mio essere.
Nel suo lavoro Avventura di un povero cristiano, Ignazio Silone
mette in bocca al personaggio di Celestino V parole semplici ma chiare
sul significato e l´uso della benedizione richiesta insistentemente
dall´aiutante del re nell´imminenza di partire per una guerra:
"Il segno della benedizione cristiana è quello della Croce. Voi
sapete, vero, che cos´è la Croce. E le parole della benedizione sono. In
nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Se ho ben inteso, voi
mi avete suggerito di dare la benedizione ai soldati in procinto di
partire per la guerra, pensando ad altro. Avete voluto scherzare?
Sarebbe un orribile sacrilegio. Col segno della Croce e i nomi della
Trinità, si può benedire il pane, la minestra , l´olio, l´acqua, il
vino, se volete anche gli strumenti da lavoro, l´aratro, la zappa del
contadino, la pialla del falegname, e così di seguito; ma non le armi.
Se avete un assoluto bisogno di un rito propiziatorio, cercatevi
qualcuno che lo faccia in nome di Satana. E´ stato lui a inventarle le
armi".
Ma quante guerre, talvolta definite sante, sono state e sono combattute
sotto il segno della croce.
Negli anni settanta circolava un manifesto che raffigurava Gesù Cristo
che, dopo aver dato un cazzotto a Fanfani, si ripigliava la croce dal
simbolo scudocrociato della defunta Democrazia Cristiana. E qui sta
un´altra questione sollevata: il crocifisso come strumento di
identificazione culturale. Una tale affermazione nasconde una sottile
quanto pericolosa strumentalizzazione. Non si può pensare di utilizzare
la fede mossi dal bisogno di riappropriarsi delle radici storiche e
culturali: questa esigenza nasce dal fatto di avere storicizzato e
quindi sclerotizzato il messaggio evangelico che esige, è vero, una
incarnazione ma che sempre si sottrae ad ogni compiuta realizzazione ed
alla pretesa di un definitivo possesso della verità storica e
metastorica. Non si può più ragionare in termini di societas
cristiana: oggi viviamo in un mondo pluralista, multietnico e
multireligioso . Usare il crocifisso come simbolo identitario di una
determinata cultura significa fare uno sconto alla complessità
che caratterizza il nostro mondo: sarebbe come peccare di faciloneria e
di semplicismo. Pertanto la croce di cui dovremmo caricarci, gloriarci e
che dovremmo esibire non può che albergare dentro di noi; e se dobbiamo
essere vangeli viventi, come ci ricorda il Magistero della Chiesa,
allora dovremmo diventare noi stessi "crocefissi viventi", nel senso di
incarnare nella vita il messaggio del Cristo sofferente, crocifisso,
morto e soprattutto risorto dopo il terzo dì. E sicuramente la chiave
interpretativa del cristiano e di tutta la querelle sta proprio
nella resurrezione, evento fondante di tutta la vita del cristiano e non
nella elefantiasi staurologica. Stranamente chi non si è scaldato tanto
nella recente polemica in relazione al pronunciamento dell’organo
europeo sulla presenza del crocifisso nelle classi scolastiche italiane,
è stato proprio chi vive quotidianamente e profondamente la realtà della
fede; al contrario, molti laici si sono dimostrati più clericali e
bigotti di alcuni cattolici praticanti. E non mi riferisco solo a
persone comuni ma anche a molti intellettuali.
Roberto Lopes
Insegnante di filosofia e storia presso il liceo classico “Vittorio
Emanuele II” di Palermo.
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