lavorare da cristiani
e impegnarsi da cristiani
Qualche mese fa, sulle colonne del quotidiano La
Repubblica, scrivevo, riferendomi alla gente di Palermo, che di fronte
allo sfascio della città, di fronte al malgoverno eretto a sistema,
piuttosto che assumere un atteggiamento serio di contestazione, senza
pregiudizi ideologici che rendono la
contestazione debole, si preferisse la via delle lamentazioni, del
mugugno inconcludente così da lasciarsi una porta aperta laddove ci si
potesse in qualche modo intrufolare nell'area dei privilegi. Questo modo
di atteggiarsi rispetto a chi detiene il potere, purtroppo, non
appartiene solo alla gente
della capitale della nostra isola ma è proprio di un po' tutta la gente
di Sicilia. Potremmo, sconsolatamente dire che i siciliani sono fatti
così e rassegnarci ad un corso delle cose che, quasi imposto da
un'entità superiore, deve andare in una certa maniera e non altra.
Accettare questo sarebbe una sconfitta per le nostre intelligenze e,
soprattutto, la negazione di un futuro
nel quale sperare. Questa premessa l'ho voluta fare per essere realista
sul messaggio forte, fare una nuova primavera, che padre Vincenzo Noto
ci ha lanciato. Non credo alla logica vichiana dei corsi e ricorsi.
Quella esperienza è archiviata, e lo deve essere perché a monte viziata
dalla superficiale analisi dei contesti, perché viziata dall'essersi
nutrita di slogan troppo spesso vuoti, dall'avere emozionato la gente
ma, quando la stessa si rese conto di avere fatto il gioco di qualcuno,
di averla dopo delusa. Senza pretesa di profezia, confesso di essere
stato fra quelli che non si sono fatti suggestionare da quegli uomini e
da quelle iniziative e di avere apprezzato il cardinale Pappalardo nel
momento in cui richiamava tutti a costruire una politica per l'uomo e
non contro qualcuno come invece si muovevano i protagonisti della
primavera. La presa di distanze di molti uomini di buona volontà,
perfino di uomini come il padre Pintacuda che ne era stato l'ideologo
principale, fu dimostrazione piena del fallimento, un fallimento che si
è scaricato come un macigno sulla fiducia della gente. Padre Vincenzo
Noto richiama le due iniziative di questi ultimi giorni animate da
pezzi del mondo cattolico organizzato. Non ho partecipato alla prima,
ma ho partecipato a quella su Lazzati. Iniziativa interessante, densa di
contenuti eppure insufficiente per creare quel clima di fiducia e
impegno che padre Noto richiama. Spiego il perché. Di Lazzati, che ho
avuto l'onore di conoscere nei miei anni dell'Università cattolica, è
stata data una lettura a senso unico.
Non si è detto che Lazzati era un uomo di “punti fermi”, un cristiano,
un laico che pretendeva moralità ma che affermava la sua alterità
rispetto a dottrine o idee che lavoravano contro l'uomo e contro la
Chiesa. Lazzati non ebbe esitazioni, da rettore della Cattolica, a dare
il ben servito a Severino, che per la verità comprese la situazione e
allontanandosi volontariamente dalla cattolica tolse qualche castagna
dal fuoco al buon rettore, a Franco Cordero e, perfino a Luigi Frey.
Lazzati oppose il suo fermo no alle orde marxisteggiante che invadevano
la cattolica e proprio per contrastarle fece riferimento ai ciellini.
Quei relatori, che approfittando di Lazzati, hanno lanciato alcuni
giorni fa la proposta di una nuova primavera, erano tuttavia gli stessi
che han compiuti quegli errori e, quindi, in sé e per se poco
affidabili. Ed allora...rinunciare accettare quanto c'è.
Dico subito, che per essere credibili non ci si può affidare a chi
credibile non è. Dico poi, che bisogna avere il coraggio della
contraddizione, fare scandalo, lavorare da cristiani e impegnarsi da
cristiani. Padre Noto lo fa egregiamente con la Caritas, lo dobbiamo
fare noi tutti secondo i nostri talenti. Fatto questo, depurati dagli
interessi personali che sono quelli che rovinano ogni cosa, possiamo
scendere in campo per alzare la voce contro un malgoverno che di
cristiano ha ben poco e che non può essere accettato da chi cristiano si
proclama. Un movimento serio, un movimento per, non può che trovare
solidarietà a cominciare, per quel che conta, da quello che può
offrirgli la mia persona. Grazie dunque a don Vincenzo e ...tutti al
lavoro.
Pasquale Hamel
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