Nella giornata del 19 luglio ho partecipato a due manifestazioni in ricordo di Paolo Borsellino e dei componenti della sua scorta.

Alle 16,58, ora dell’eccidio del 19 luglio 1992, ero in via D’Amelio; poi, la sera, sono andato a Villa Filippina per l’appuntamento “Ricordando Paolo”, un reading di racconti tratti dal libro “La scelta” pubblicato nel 2007 da Novantacento e la proiezione del film di Marco Amenta “La siciliana ribelle” ispirato alla vicenda drammatica di Rita Atria.

Quanta differenza tra le due manifestazioni!

Nella prima si respirava un’atmosfera di coinvolgimento emotivo molto intenso, con le commoventi “lettere a Paolo” dei colleghi magistrati Antonino Di Matteo, Leonardo Guarnotta, Antonio Ingroia, Vittorio Teresi e con l’intervento finale del procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso.

Uomini delle istituzioni e semplici cittadini accomunati da una sincera determinazione, mista a rabbia, nella ricerca della verità sulla strage, dopo che nuove rivelazioni hanno scalfito verità “giudiziarie” sancite da sentenze passate in giudicato. E i magistrati a chiedere ai cittadini, ai giovani, di non essere lasciati soli in questa ricerca perchè, come ha detto Antonio Ingroia, “la verità rende liberi e la libertà rende giusti”.

Poi la sera, a Villa Filippina, un deprimente amarcord , ad eccezione dell’accorato appello di Marco Amenta  e delle lacrime di Maria Lufrano per l’amica Emanuela Loi, in cui più che Borsellino e la scorta ognuno celebrava se stesso. Al punto che l’attore Davide Enia per declamare il suo racconto ha preteso che il palcoscenico fosse sgombrato dalla presenza dei due conduttori Salvo Toscano e Tiziana Martorana.

Quanta tristezza nel constatare come ancora una volta l’autoreferenzialità si riveli il vero dna di certi ambienti di una città martoriata da fatti tragici che dovrebbero indurre a meditare anzichè costituire banali occasioni per occupare una ribalta.