Vincenzo Noto |
Per il ministro Gelmini “chi fa politica lasci la scuola”.
E’ un messaggio che deve essere chiarito bene, altrimenti si va indietro tutti quanti, la scuola e il Paese.
Da dirigente scolastico, sono impegnato in politica da sempre, dall’età della ragione, la faccio anche a scuola e non penso di cambiare. Negli anni settanta scrissi su una rivista scolastica, all’indomani del varo dei decreti delegati del 1974, un articolo spiegando che fare politica a scuola costituiva una crescita culturale personale e un avanzare della democrazia nel Paese. Certamente non si intendeva parlare della politica partitica, deformata dalle risse e dai conflitti, ma della politica “nobile”, che spinge a confrontarsi culturalmente non solo col passato, ma anche col presente: la scuola non è solo sede in cui si trasmette e si elabora il sapere, ma è anche luogo in cui si svolge una vita vera, luogo in cui si discute e ci si contrappone secondo le opinioni di ciascuno. La pedagogia di stato e il doveroso adeguamento al pensiero prevalente come il libro di testo, unico nazionale, erano e restano le espressioni tipiche di un ventennio da non ripetere. I docenti e i dirigenti devono certamente rispettare e insegnare a rispettare le leggi dello stato, comprese quelle che riguardano il sistema scolastico. Un docente o un dirigente, di sicuro, non può organizzare un’attività eversiva né può avere un atteggiamento non riguardoso verso coloro che interpretano le istituzioni democratiche perché violerebbero, innanzi tutto, la dimensione etica della loro professione, ma lasciar trapelare una disapprovazione del ministro o, peggio, una sanzione per i docenti che “fanno politica” (sic) a scuola non è accettabile. Fare politica e, intendo, “buona politica” non coincide con l’adesione acritica alla politica del ministro, alle sue scelte pedagogiche, alla sua idea di scuola. Come cittadino e come professionista impegnato nel campo educativo, rivendico il diritto e la libertà di fare politica a scuola, certamente nel rispetto delle leggi dello Stato democratico e con lo stile di un civile protagonista, ma anche secondo la coscienza di chi da quarant’anni vive nella scuola avendo a cuore il futuro degli alunni e la crescita della democrazia nel Paese. I messaggi devono essere chiari e non ambigui, altrimenti si genera confusione e si favoriscono false letture. Tutto ciò che è legge dello Stato va eseguito, ma le opinioni e gli atteggiamenti possono restare di plauso e condivisione o di critica e di contrasto e ciascuna persona non può sdoppiarsi, salvo a tenere in debita considerazione le ragioni di opportunità con riferimento al luogo della libera espressione. In ogni caso devono restare, per il bene della scuola e del Paese, salve e garantite la libertà di insegnamento e l’autonomia delle istituzioni scolastiche. Rino La Placa
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progetto: SoMigrafica 2009