RACCOGLIERE IL GRIDO
In piazza san Pietro ci sono gli operai della multinazionale americana
dell’alluminio Alcoa, di Portovesme. Il 2 febbraio a Palazzo Chigi sarà
il futuro dell’azienda al centro dei colloqui governo, sindacati e
regione Sardegna, con l’obiettivo di trovare una soluzione e scongiurare
la cassa integrazione che dovrebbe partire il 6 febbraio mettendo a
rischio 2 mila posti di lavoro. Benedetto XVI sceglie il dopo Angelus
per affrontare la questione disoccupazione ed esprimere tutta la sua
preoccupazione non solo per Portovesme ma anche per Termini Imerese, in
Sicilia, dove la Fiat prevede la chiusura dello stabilimento nel 2012:
perderanno così il lavoro 1.300 lavoratori Fiat e 600 dell’indotto.
“La crisi economica – dice il Papa all’Angelus – sta causando la perdita
di numerosi posti di lavoro, e questa situazione richiede un grande
senso di responsabilità da parte di tutti: imprenditori, lavoratori,
governanti”. Ed è a questo punto che nelle sue parole trovano posto i
nomi di Termini Imerese e Portovesme, e tornano le preoccupazioni che
monsignor Mariano Crociata a nome dei vescovi italiani aveva messo in
evidenza solo venerdì 29 gennaio: “Conosciamo il dramma delle famiglie
che avevano un lavoro e ora si trovano per strada. Dobbiamo raccogliere
questo grido, non possiamo rimanere insensibili”. Così Benedetto XVI fa
sue queste parole; dice di associarsi all’appello della Conferenza
episcopale italiana “che ha incoraggiato a fare tutto il possibile per
tutelare e far crescere l’occupazione, assicurando un lavoro dignitoso e
adeguato al sostentamento delle famiglie”.
Le parole del Papa sono state accolte con commozione e gioia a Termini
Imerese: “Il Papa ha fatto un gesto bellissimo, che tutti noi abbiamo
apprezzato tantissimo”, ha detto il delegato sindacale degli operai
Fiat. Un appello che non può cadere nel vuoto e che deve scuotere le
coscienze. “Il Papa dimostra ancora una volta di essere la voce di una
Chiesa vicina alle persone che sono in difficoltà, agli ultimi, agli
emarginati”, ha detto don Franco Anfuso, arciprete di Termini Imerese.
Non è la prima volta che Benedetto XVI affronta la questione lavoro e
disoccupazione. A Cassino, il 24 maggio 2009, aveva detto: “So quanto
sia critica la situazione di tanti operai. Esprimo la mia solidarietà a
quanti vivono in una precarietà preoccupante, ai lavoratori in
cassa-integrazione o addirittura licenziati. La ferita della
disoccupazione che affligge questo territorio induca i responsabili
della cosa pubblica, gli imprenditori e quanti ne hanno la possibilità a
ricercare, con il contributo di tutti, valide soluzioni alla crisi
occupazionale, creando nuovi posti di lavoro a salvaguardia delle
famiglie”.
Nessun riferimento esplicito alla Fiat, ma a Cassino è l’azienda
trainante, la realtà produttiva che da lavoro, direttamente o
indirettamente, a gran parte del territorio. Dice, la famiglia ha
bisogno di essere tutelata, e ai giovani che “fanno fatica a trovare una
degna attività lavorativa che permetta loro di costruirsi una famiglia”,
dice: “Non scoraggiatevi, la Chiesa non vi abbandona”.
Di lavoro e occupazione aveva parlato anche due mesi prima, il 1° marzo
2009. All’Angelus si era rivolto ai lavoratori Fiat presenti in piazza
san Pietro, “venuti a manifestare la loro preoccupazione per il futuro
di quella fabbrica e delle migliaia di persone che, direttamente o
indirettamente, dipendono da essa per il loro lavoro”. Nelle parole del
Papa anche un riferimento alle situazioni difficili del
Sulcis-Inglesiente, in Sardegna, e di Prato, in Toscana: “Mi associo ai
Vescovi e alle rispettive Chiese locali nell’esprimere vicinanza alle
famiglie interessate dal problema, e le affido nella preghiera alla
protezione di Maria Santissima e di San Giuseppe, patrono dei
lavoratori. Desidero esprimere il mio incoraggiamento alle autorità sia
politiche che civili, come anche agli imprenditori, affinché con il
concorso di tutti si possa far fronte a questo delicato momento. C’è
bisogno, infatti, di comune e forte impegno, ricordando che la priorità
va data ai lavoratori e alle loro famiglie”.
Grande senso di responsabilità da parte di tutti, ricerca di valide
soluzioni alla crisi occupazionale e priorità ai lavoratori e alle loro
famiglia: è in queste tre affermazioni il filo dell’impegno che il Papa
sollecita per mettere al centro la questione lavoro.
Parole che trovano una continuità nella riflessione che il Papa propone
nell’enciclica Deus caritas est dedicata al tema dell’amore: “La
costruzione di un giusto ordinamento sociale e statale, mediante il
quale a ciascuno venga dato ciò che gli spetta, è un compito
fondamentale che ogni generazione deve nuovamente affrontare”. È compito
politico, scrive il Papa, ma anche compito umano prioritario e la Chiesa
“ha il dovere di offrire attraverso la purificazione della ragione e
attraverso la formazione etica il suo contributo specifico, affinché le
esigenze della giustizia diventino comprensibili e politicamente
realizzabili”. Non deve prendere in mano la battaglia politica per
realizzare la società più giusta, ma non deve nemmeno restare ai
margini: “La società giusta non può essere opera della Chiesa, ma deve
essere realizzata dalla politica. Tuttavia l'adoperarsi per la giustizia
lavorando per l'apertura dell'intelligenza e della volontà alle esigenze
del bene la interessa profondamente”.
Angelus nel quale Benedetto XVI parla, infine, anche di pace,
soprattutto in Terra Santa. Con lui, alla finestra dello studio che si
affaccia su piazza san Pietro, ci sono anche due ragazzi dell’Azione
Cattolica: Simona di 13 e Matteo di 9 anni. Insieme ai loro amici e
coetanei hanno concluso il mese della pace che ogni anno accompagna
l’impegno in associazione nel mese di gennaio. Alla fine vengono
liberate due colombe, in segno di speranza. Una speranza che, attraverso
le parole pronunciate, è entrata anche nel cuore di tanti lavoratori che
vedono il posto di lavoro e il loro futuro messo a rischio dalla crisi
economica.
Fabio Zavattaro
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