Vincenzo Noto |
LIBERTA’ DI STAMPA IN PERICOLO?
E’ con intensità inaudita che il presidente del consiglio ha inquadrato nel suo mirino la libera stampa, un tiro al bersaglio che non ha precedenti nell’Italia repubblicana, un tiro al bersaglio che nel secolo scorso preludeva in Europa, anche con incendi di tipografie e assassinii, a esiti dittatoriali. Oggi il sistema democratico italiano mostra fragilità intrinseche sia per l’erosione di taluni contrappesi nei poteri istituzionali, sia per una certa distrazione dell’opinione pubblica verso gli interessi collettivi, più che altro attratta da urgenze prettamente private. E tuttavia appare fuori luogo temere il crollo della legalità repubblicana innanzitutto per via dei contesti internazionali – Comunità europea, Nato, G8, Fondo monetario, Nazioni Unite – che non ammetterebbero come soci nazioni le cui caratteristiche non corrispondano quantomeno ai canoni della modernità: libera circolazione della merce e del pensiero. Non si tratterebbe quindi di deterrenti legati ai valori morali e spirituali dell’Occidente, comunque sia, sempre deterrenti assoluti. L’Italia da sola però rischia di non farcela ad allontanare fantasmi del passato che si potrebbero materializzare in forme più seducenti e sottili, in un regime dal potere forte, alla Putin per intenderci, in un’amministrazione della cosa pubblica con limiti incerti, pur con il mantenimento delle garanzie formali. In questo disegno per niente irrealistico rientra il disinnesco delle funzioni investigative e di controllo rappresentate dalla libera stampa. Noi giornalisti non abbiamo il compito di fare i complimenti a chi governa, abbiamo semmai la missione per conto dell’opinione pubblica, o dirsi comunità locale o nazionale, di vigilare sulla corretta gestione dello Stato e delle amministrazioni periferiche con annessi e connessi, un potere di controllo acquisito grazie a secoli di impegno e credibilità professionale, al martirio di tanti cronisti, in Sicilia e nel mondo. Mentre Silvio Berlusconi sferrava l’ennesimo attacco (rivolgendosi agli industriali: “La stampa italiana dipinge un’Italia non vera, non date pubblicità ai giornali disfattisti”, come dire chi non si allinea muore), il capo dello Stato quasi in contemporanea replicava sottolineando l’attaccamento dei nostri popoli al principio della libertà e del pluralismo dell’informazione. Quello di Giorgio Napolitano è un cammino sulla lama del rasoio: deve fermare ciò che travalica i confini leciti ma non intende aprire, per ferreo rispetto personale alle istituzioni, un conflitto fra poteri che porterebbe alla paralisi e al discredito. Così accadde con Scalfaro. L’ultima delle museruole è rappresentata dal disegno di legge sulle intercettazioni: un articolo prevede anche il carcere per i giornalisti: per reati di opinione si tornerebbe alle manette. Con la scusa di tutelare la privacy e il decoro delle persone, si attenta all’efficienza dei tribunali e alla libertà della stampa. Due piccioni con una legge. Sarà questo il prossimo campo di prova. Anche per il Quirinale. Tassisti e commercianti hanno dimostrato una capacità di pressione sulla politica che giornalisti e magistrati se la sognano. Vedasi la liberalizzazione delle licenze deceduta in piazza Venezia a Roma e lo stravolgimento degli studi di settore che servivano a far versare qualcosa in più al fisco da redditi falsamente poveri. In questo scenario, con un’opposizione politica e sociale impoverita, ci si attende anche dal mondo cattolico una decisa reazione.
Antonio Ortoleva
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progetto: SoMigrafica 2009