Onorevole Signor
Presidente,
in vista del prossimo G8 dei
Capi di Stato e di Governo del Gruppo dei Paesi più
Industrializzati, che si svolgerà a L’Aquila nei
giorni 8-10 luglio p.v. sotto la Presidenza
italiana, mi è gradito inviare un cordiale saluto a
Lei e a tutti i partecipanti. Colgo poi volentieri
l’occasione per offrire un contributo alla
riflessione sulle tematiche dell’incontro, come in
passato ho già avuto modo di fare. Sono stato
informato dai miei collaboratori circa l’impegno con
cui il Governo, che Ella ha l’onore di presiedere,
si sta preparando a quest’importante appuntamento, e
so quale attenzione abbia riservato alle
riflessioni, che, sulle tematiche dell’imminente
Vertice, hanno formulato la Santa Sede, la Chiesa
Cattolica in Italia e il mondo cattolico in
generale, nonché Rappresentanti di altre religioni.
La partecipazione di Capi di Stato o di Governo, non
solo del G8 ma di molte altre Nazioni, farà sì che
le decisioni da adottare, per trovare vie di
soluzione condivise sui principali problemi che
incidono su economia, pace e sicurezza
internazionale, possano rispecchiare più fedelmente
i punti di vista e le attese delle popolazioni di
tutti i Continenti. Questa partecipazione allargata
alle discussioni del prossimo Vertice appare
pertanto quanto mai opportuna, tenendo conto delle
molteplici problematiche dell’attuale mondo
altamente interconnesso e interdipendente. Mi
riferisco, in particolare, alle sfide della crisi
economico-finanziaria in corso, così come ai dati
preoccupanti del fenomeno dei cambiamenti climatici,
che non possono non spingere a un saggio
discernimento e a nuove progettualità per
«"convertire" il modello di sviluppo globale» (cfr.
Benedetto XVI, Angelus 12 novembre 2006),
rendendolo capace di promuovere, in maniera
efficace, uno sviluppo umano integrale, ispirato ai
valori della solidarietà umana e della carità nella
verità. Alcune di queste tematiche vengono
affrontate anche nella mia terza Enciclica
Caritas in veritate, che proprio nei prossimi
giorni verrà presentata alla stampa.
In preparazione al Grande Giubileo del 2000, su
impulso di Giovanni Paolo II, la Santa Sede ebbe a
prestare grande attenzione ai lavori del G8. Il mio
venerato Predecessore era infatti persuaso che la
liberazione dei Paesi più poveri dal fardello del
debito e, più in generale, lo sradicamento delle
cause della povertà estrema nel mondo dipendevano
dalla piena assunzione delle responsabilità solidali
nei confronti di tutta l’umanità, che hanno i
Governi e gli Stati economicamente più avanzati.
Responsabilità che non sono venute meno, anzi sono
diventate oggi ancora più pressanti. Nel passato
recente, in parte grazie alla spinta che il Grande
Giubileo del 2000 ha dato alla ricerca di soluzioni
adeguate alle problematiche relative al debito e
alla vulnerabilità economica dell’Africa e di altri
Paesi poveri, in parte grazie ai notevoli
cambiamenti nello scenario economico e politico
mondiale, la maggioranza dei Paesi meno sviluppati
ha potuto godere di un periodo di straordinaria
crescita, che ha consentito a molti di essi di
sperare nel conseguimento dell’obiettivo fissato
dalla Comunità internazionale alla soglia del terzo
millennio, quello cioè di sconfiggere la povertà
estrema entro il 2015. Purtroppo, la crisi
finanziaria ed economica, che investe l’intero
Pianeta dall’inizio del 2008, ha mutato il panorama,
cosicché è reale il rischio non solo che si spengano
le speranze di uscire dalla povertà estrema, ma che
anzi cadano nella miseria pure popolazioni finora
beneficiarie di un minimo benessere materiale.
Inoltre, l’attuale crisi economica mondiale comporta
la minaccia della cancellazione o della drastica
riduzione dei piani di aiuto internazionale,
specialmente in favore dell’Africa e degli altri
Paesi economicamente meno sviluppati. E pertanto,
con la stessa forza con cui Giovanni Paolo II chiese
il condono del debito estero, vorrei anch’io fare
appello ai Paesi membri del G8, agli altri Stati
rappresentati e ai Governi del mondo intero,
affinché l’aiuto allo sviluppo, soprattutto quello
rivolto a "valorizzare" la "risorsa umana", sia
mantenuto e potenziato, non solo nonostante la
crisi, ma proprio perché di essa è una delle
principali vie di soluzione. Non è infatti
investendo sull’uomo – su tutti gli uomini e le
donne della Terra – che si potrà riuscire ad
allontanare in modo efficace le preoccupanti
prospettive di recessione mondiale? Non è in verità
questa la strada per ottenere, per quanto possibile,
un andamento dell’economia mondiale a beneficio
degli abitanti di ogni Paese, ricco e povero, grande
e piccolo?
Il tema dell’accesso all’educazione è intimamente
connesso all’efficacia della cooperazione
internazionale. Se allora è vero che occorre
"investire" sugli uomini, l’obiettivo
dell’educazione basica per tutti, senza esclusioni,
entro il 2015, non solo va mantenuto, bensì
rafforzato generosamente. L’educazione è condizione
indispensabile per il funzionamento della
democrazia, per la lotta contro la corruzione, per
l’esercizio dei diritti politici, economici e
sociali e per la ripresa effettiva di tutti gli
Stati, poveri e ricchi. Ed applicando rettamente il
principio della sussidiarietà, il sostegno allo
sviluppo non può non tener conto della capillare
azione educatrice che svolgono la Chiesa cattolica e
altre Confessioni religiose nelle regioni più povere
e abbandonate del Globo.
Agli illustri partecipanti all’incontro del G8, mi
preme altresì ricordare che la misura dell’efficacia
tecnica dei provvedimenti da adottare per uscire
dalla crisi coincide con la misura della sua valenza
etica. Occorre cioè tener presenti le concrete
esigenze umane e familiari: mi riferisco, ad
esempio, all’effettiva creazione di posti di lavoro
per tutti, che consentano ai lavoratori e alle
lavoratrici di provvedere in maniera degna ai
bisogni della famiglia, e di assolvere alla primaria
responsabilità che hanno nell’educare i figli e
nell’essere protagonisti nelle comunità di cui sono
parte. «Una società in cui questo diritto sia
sistematicamente negato, - ebbe a scrivere Giovanni
Paolo II - in cui le misure di politica economica
non consentano ai lavoratori di raggiungere livelli
soddisfacenti di occupazione, non può conseguire né
la sua legittimazione etica né la pace sociale»
(Centesimus annus, 43; cfr. Id.,
Laborem excercens, 18). E proprio a tale scopo,
si impone l’urgenza di un equo sistema commerciale
internazionale, dando attuazione – e se necessario
persino andando oltre – alle decisioni prese a Doha
nel 2001, in favore dello sviluppo. Auspico che ogni
energia creativa venga impiegata per assolvere agli
impegni assunti al Vertice ONU del Millennio circa
l’eliminazione della povertà estrema entro il 2015.
E’ doveroso riformare l’architettura finanziaria
internazionale per assicurare il coordinamento
efficace delle politiche nazionali, evitando la
speculazione creditizia e garantendo un’ampia
disponibilità internazionale di credito pubblico e
privato al servizio della produzione e del lavoro,
specialmente nei Paesi e nelle regioni più
disagiati.
La legittimazione etica degli impegni politici del
G8 esigerà naturalmente che essi siano confrontati
con il pensiero e le necessità di tutta la Comunità
Internazionale. A tal fine, appare importante
rafforzare il multilateralismo, non solo per le
questioni economiche, ma per l’intero spettro delle
tematiche riguardanti la pace, la sicurezza
mondiale, il disarmo, la salute, la salvaguardia
dell’ambiente e delle risorse naturali per le
generazioni presenti e future. L’allargamento del G8
ad altre regioni costituisce senz’altro un
importante e significativo progresso; tuttavia nel
momento dei negoziati e delle decisioni concrete ed
operative, bisogna tenere in attenta considerazione
tutte le istanze, non solo quelle dei Paesi più
importanti o con un più marcato successo economico.
Solo questo può infatti rendere tali decisioni
realmente applicabili e sostenibili nel tempo. Si
ascolti pertanto la voce dell’Africa e dei Paesi
meno sviluppati economicamente! Si ricerchino modi
efficaci per collegare le decisioni dei vari
raggruppamenti dei Paesi, compreso il G8,
all’Assemblea delle Nazioni Unite, dove ogni
Nazione, quale che sia il suo peso politico ed
economico, può legittimamente esprimersi in una
situazione di uguaglianza con le altre.
Vorrei infine aggiungere che è quanto mai
significativa la scelta del Governo Italiano di
ospitare il G8 nella città de L’Aquila, scelta
approvata e condivisa dagli altri Stati membri ed
invitati. Siamo stati tutti testimoni della generosa
solidarietà del Popolo italiano e di altre Nazioni,
di Organismi nazionali ed internazionali verso le
popolazioni abruzzesi colpite dal sisma. Questa
mobilitazione solidale potrebbe costituire un invito
per i membri del G8 e per i Governi e i Popoli del
mondo ad affrontare uniti le attuali sfide che
pongono improrogabilmente l’umanità di fronte a
scelte decisive per il destino stesso dell’uomo,
intimamente connesso con quello del creato.
Onorevole Signor Presidente, mentre imploro
l’assistenza di Dio su tutti i presenti al prossimo
G8 de L’Aquila e sulle iniziative multilaterali
intese a risolvere la crisi economico-finanziaria e
a garantire un futuro di pace e di prosperità per
tutti gli uomini e le donne senza nessuna
esclusione, colgo volentieri l’occasione per
esprimerLe nuovamente la mia stima e, assicurando la
mia preghiera, Le porgo un deferente e cordiale
saluto.
Dal Vaticano, 1° luglio 2009