Ipazia e il peccato contro lo spirito
"Agora", del regista Alejandro Amenàbar, è un
film ben fatto e intelligente. L'attrice inglese
Rachel Weisz dà il suo bel volto al personaggio
di Ipazia. In futuro, quando si penserà a Ipazia,
sarà difficile immaginarla diversamente da come
la Weisz l'ha rappresentata.
Il film non è solo un racconto, una
ricostruzione — libera, ma credibile — di fatti
realmente accaduti; reca un insegnamento. E'
un'ulteriore prova dei guasti determinati dal
fanatismo religioso; è un ulteriore monito a
stare in guardia contro la religione trasformata
in strumento di governo della società.
La
teocrazia va sempre rifiutata; anche quando il
potere è esercitato da un Vescovo in nome di
Gesù Cristo.
Gesù crocifisso. San Pietro che si fa
crocifiggere con la testa rivolta verso il basso
perché, anche nella morte, non vuole essere
equiparato al suo Maestro, nei cui confronti si
sente indegno. San Paolo che subisce pure lui il
martirio. Com'è stato possibile che, appena
trecento anni dopo, dei "cristiani", resi forti
dal fatto che l'imperatore di Roma professava la
loro stessa fede, pretendessero, con l'uso
sistematico dell'intimidazione e della violenza,
che non fosse più consentito ad alcuno sostenere
pubblicamente convinzioni religiose, o
filosofiche, in contrasto con la loro fede?
Con la teocrazia si realizza un sistema sociale
totalitario. In Egitto, nella città di
Alessandria, nell'anno 415 dopo Cristo, fu
uccisa, con modalità raccapriccianti, da
fanatici cristiani, la "vergine" Ipazia.
Nel primo volume della sua "Storia
del pensiero filosofico e scientifico"
Ludovico Geymonat ha scritto che Ippazia (viene
usata una denominazione diversa, con il
raddoppio della consonante "p") faceva parte
della scuola neoplatonica di Alessandria, era
figlia del matematico Teone alessandrino, era
studiosa di filosofia e di matematica e venne
trucidata da "una turba di cristiani fanatici"
(cfr. edizione Garzanti, 1970, p. 334).
Nel neo-platonismo si realizzò una sintesi del
pensiero greco, nel senso che non si teneva
conto unicamente della filosofia di Platone, ma
si recuperavano pure elementi propri del
pensiero di Pitagora e della sua scuola, di
Aristotele, dei filosofi stoici. In questo
indirizzo era forte l'accentuazione
dell'esigenza religiosa, perché si rifletteva
sul senso della vita umana, nel suo essere
inserita in un Cosmo e nel suo rapporto con la
Divinità; era presente una logica sincretista
perché si tendeva a conciliare il pensiero greco
con la sapienza insita in più antiche concezioni
religiose nate in Oriente; si dava molta
importanza alla matematica (nel film vediamo
Ipazia impegnata in studi di astronomia), non
soltanto per amore della scienza fine a se
stesso, ma in quanto la matematica poteva
fornire possibili chiavi di spiegazione e di
interpretazione dei misteri dell'universo e
quindi dell'opera divina.
Fondatore della scuola neo-platonica di
Alessandria fu Ammonio Sacca, morto intorno al
242 d. C.. Significativo esponente del
neo-platonismo fu Plotino (205-270 d.C.), nato
in Egitto, a Licopoli, il quale ha un posto di
rilievo in qualunque storia della filosofia. Poi
il suo allievo e biografo Porfirio.
Per restare all'ambiente alessandrino,
Teone, il padre di Ipazia, curò un'edizione
degli "Elementi"
di Euclide. Il più noto allievo di Ipazia (di
cui non c'è pervenuta alcuna opera) fu Sinesio
di Cirene.
Quando al precedente Vescovo Teofilo successe il
più giovane Cirillo (370-444 d.C.), la Chiesa di
Alessandria manifestò senza riserve la propria
volontà egemonica sia nei confronti dei pagani,
cioè degli adoratori degli antichi dei, sia nei
confronti della consistente e radicata comunità
ebraica. La pagana Ipazia dava fastidio perché,
per il suo prestigio d'insegnante, aveva un
ruolo pubblico. Non le potevano essere imputati
costumi licenziosi, essendo il corrispondente
laico di una suora: tutta votata all'amore per
la sapienza e per la scienza.
Nel film s'immagina il Vescovo Cirillo mentre
legge la prima lettera di San Paolo a Timoteo.
Si tratta di una delle tre lettere pastorali,
che l'Apostolo, in prigione a Roma, scrisse a
Timoteo ad Efeso e a Tito a Creta per dare loro
istruzioni e consigli circa il modo di governare
le chiese locali. Il brano che qui interessa,
riportato per intero, è il seguente: "Alla
stessa maniera facciano le donne, vestendosi con
abbigliamento decoroso: si adornino secondo
verecondia e moderatezza, non con trecce ed
ornamenti d'oro, oppure con perle o vesti
sontuose, ma con opere buone, come conviene a
donne che fanno professione di pietà. La donna
impari in silenzio, con perfetta sottomissione:
non permetto alla donna d'insegnare, né di
dominare sull'uomo, ma (voglio) che stia in
silenzio. Per primo infatti è stato formato
Adamo, e quindi Eva" ( 1Tm 2, 9-13).
Sempre nel film, s'immagina che il Vescovo
Cirillo definisca il predetto brano "parola di
Dio" e quindi pretenda che ad esso si faccia
atto di sottomissione. Invece, non si tratta di
parole direttamente riconducibili a Gesù, ma di
un pensiero di San Paolo. Per quanta
autorevolezza abbia quest'ultimo, c'è una
rilevante differenza.
Vedendo le violenze che, sempre nella
ricostruzione cinematografica, compiono dei
monaci fanatici, detti "parabolani", si avverte
subito proprio la nostalgia delle parole di
Gesù: "Io invece vi dico: amate i vostri nemici
e pregate per quelli che vi perseguitano,
affinché siate figli del Padre vostro che è nei
cieli, il quale fa sorgere il suo sole sui
cattivi come sui buoni e fa piovere sui giusti
come sugli empi. Qualora infatti amaste solo
quelli che vi amano, che ricompensa avreste?"
(Mt, 5, 44-46). Ci sono poi le parole che Gesù
rivolse a Pietro, quando tentò di difenderlo
dall'arresto: "Rimetti la tua spada al suo
posto, poiché tutti quelli che mettono mano alla
spada, di spada periranno. O credi che io non
possa pregare il Padre mio che mandi subito in
mia difesa più di dodici legioni di angeli? Come
dunque si adempirebbero le Scritture, le quali
dicono che così deve accadere?" (Mt, 26, 52-54).
Nella vicenda di Ipazia si colgono, quindi, due
elementi. Il primo è la possibilità di una
lettura strumentale delle Sacre Scritture, nel
perseguimento di meschini obiettivi politici.
Tanto strumentale che la lettera delle Scritture
finisce per essere in stridente contrasto con il
complessivo spirito ispiratore del messaggio
cristiano. Il secondo è il radicamento, nel
Cristianesimo, di una concezione che relega la
donna ad un ruolo subordinato e sottomesso.
Anche se tale concezione trova conferma in passi
dell'Antico Testamento e, per quanto riguarda il
Nuovo Testamento, in pensieri di alcuni apostoli
(non nelle parole direttamente riferite a Gesù),
si può ragionevolmente sostenere che in questo
caso le Scritture riflettano una mentalità
propria di tempi passati e, quindi, naturalmente
destinata ad essere superata nel divenire
storico. Mantenerla, come se si trattasse di una
verità senza tempo, equivale ad un grave errore.
Nel Medioevo, pensatori che erano pure
autorevoli uomini di Chiesa affermarono che la
ragione umana era un dono di Dio e che, dunque,
non era giusto mortificarla, o temerla, ma
occorreva utilizzarla, come si utilizza ogni
altro dono di Dio, per fare sì che gli esseri
umani possano migliorare le condizioni della
loro vita terrena. Analogamente, ci deve essere
pure un motivo se nei disegni della creazione è
stata prevista la differenziazione tra uomini e
donne ed è stata prevista la necessità
dell'unione sessuale fra appartenenti a sessi
diversi per la perpetuazione della specie. Senza
donne, l'umanità si estinguerebbe; da questa
semplice considerazione deriva almeno una pari
dignità con gli uomini. Peraltro, il
Cristianesimo ha esaltato il ruolo della
maternità nel culto della Madonna. Se il Vecchio
Testamento fa uscire Eva da una costola di
Adamo, il Nuovo Testamento fa uscire il Figlio
di Dio da una donna, Maria: "Benedetto il frutto
del ventre tuo, Gesù", recita una preghiera
familiare ai più.
Dalla storia di Ipazia trassero argomenti sia
quanti combattevano il fanatismo religioso, come
Voltaire, sia quanti, professandosi liberi
pensatori, arrivarono alle conclusioni più
radicali e materialistiche, come il filosofo
irlandese John Toland (1670-1722). Oggi la
medesima vicenda può essere usata come ennesimo
spunto polemico contro la Chiesa Cattolica. Non
a caso, s'insiste nel ricordare che il Vescovo
Cirillo è considerato santo e dottore della
Chiesa.
Per sgombrare il campo da ogni equivoco, è bene
precisare che non si sta parlando del grande San
Cirillo, monaco bizantino, che con suo fratello
Metodio, nel nono secolo, si dedicò con successo
alla diffusione della fede cristiana fra gli
Slavi. Oltre tutto, curò la traduzione di brani
evangelici dal greco in slavo. Creò l'alfabeto
detto "glagolitico" (dalla radice slava "glagol",
parola). L'alfabeto cirillico, usato dagli Slavi
ortodossi, fu introdotto proprio dai discepoli
di Cirillo e Metodio.
Invece il Cirillo di Alessandria non gode di
buona letteratura, anche nella saggistica di
storia del Cristianesimo. Nella lotta di Cirillo
contro l'eresia di Nestorio, c'è chi ha visto
pure la finalità, molto terrena, di affermare la
supremazia di Alessandria d'Egitto su
Costantinopoli, di cui Nestorio era Patriarca.
Ad esempio, sessanta anni fa, ossia in tempi non
sospetti, Ernesto Buonaiuti ha scritto che
Alessandria, la vecchia sede patriarcale di
Atanasio, era "ora poco degnamente rappresentata
dal violento, turbolento e grossolano Cirillo"
(cfr. "Storia
del Cristianesimo", volume I, Dall'Oglio, p.
509).
Sono comunque immuni da qualunque lettura
anti-cristiana del film Agora quanti, seguendo
una lunga tradizione di pensiero,
significativamente interna alla stessa Chiesa,
sono convinti che lo spirito del Cristianesimo
comandi di amare il prossimo, non di usargli
violenza; che le verità della fede cristiana si
affermino con la testimonianza dei comportamenti
praticati, ma non si possano imporre.
La modernità ha fatto un dono alla Chiesa
Cattolica, liberandola da responsabilità ed
incombenze inerenti all'esercizio del potere
temporale, e consentendole di sempre meglio
caratterizzarsi come punto di riferimento
spirituale. Nella dialettica con i poteri
costituiti, la Chiesa può dare il meglio di sè,
facendo appello alle coscienze individuali,
affermando le ragioni della dignità della
persona umana, dell'accoglienza dell'altro,
della carità, della pace. Questo è il suo ruolo.
La distinzione temporale / spirituale è alla
base della concezione della laicità dello Stato.
Che rispetta tutte le fedi religiose, così come
tutte le concezioni filosofiche dotate di una
visione complessiva del mondo umano (in tedesco,
Weltanschauung); questo rispetto si traduce
nella libertà di culto e si sostanzia nel fatto
che le leggi si applicano in modo uguale a tutte
le persone soggette alla sovranità dello Stato,
indipendentemente dalle fedi che professano, o
non professano. I precetti religiosi valgono per
i fedeli ed hanno l'autorevolezza che loro
stessi gli conferiscono, osservandoli
spontaneamente; le leggi obbligano tutti. Le
autorità dello Stato laico hanno il dovere di
impedire che i cittadini possano subire
prevaricazioni o violenze per il fatto di non
conformarsi alle prescrizioni della religione
seguita dalla maggioranza della popolazione. In
altri termini, è la tutela delle minoranze ciò
che caratterizza un ordinamento improntato a
princìpi liberal-democratici.
Un pensatore liberale italiano, Benedetto Croce,
è ricordato come "filosofo dei distinti" per
aver sostenuto che non ci può essere un criterio
unico per giudicare i diversi ambiti di attività
in cui si svolge lo spirito umano. Così il
giudizio estetico, il ragionare del bello, è
indipendente da considerazioni utilitaristiche,
dal giudizio morale, da valutazioni politiche.
Il giudicare del vero, che si utilizza per
valutare la coerenza logica del pensiero, non è
subordinato a secondi fini. La ricerca
dell'utile, ossia del proprio vantaggio
individuale, ricerca tipica nei campi
dell'economia e della politica, si misura in
relazione all'idoneità dell'azione a conseguire
il suo obiettivo. Questa ricerca indirizza gran
parte dei comportamenti pratici, ma non li
esaurisce. Infatti, in contraddizione con la
valutazione del proprio utile particolare, si
possono pure porre in essere differenti
comportamenti, ispirati dal giudizio morale,
cioè dall'aspirazione al bene, che perseguono
finalità altruistiche.
Invece il fanatico religioso è totalitario:
vuole ridurre tutta l'attività spirituale ai
criteri di giudizio che la sua fede gli ispira,
così come il suo cervello, più o meno dotato, e
la sua cultura, più o meno rozza, interpretano
quella medesima fede. Che potrebbe portare
persone dotate di animo più elevato a giudizi
completamente diversi.
Un fanatico religioso non è abilitato a
giudicare della scienza di Galileo: per lui lo
scienziato è eretico soltanto per il fatto di
non ripetere fedelmente concezioni antiche, ma
supportate dall'autorità della tradizione. La
repressione della libera ricerca è repressione
dello spirito umano. E' un peccato contro lo
spirito. Questo il peccato commesso da chi
spense l'intelligenza e la vita di una bella
persona, quale fu Ipazia.