Vincenzo Noto

 

 

Il ritorno dell'etica

 Media: dimensione educativa e libertà

 

Non è di oggi la nostra attenzione sulle sorti dell'informazione: un pensiero e una preoccupazione ci impegnano e inquietano nelle analisi, nelle riflessioni e nelle scelte di ogni giorno.

Le ragioni per le quali facciamo questo lavoro ci portano ad essere costantemente attenti e presenti perché un bene sociale primario come è l'informazione non venga immiserito.

Non possiamo restare distratti e inerti soprattutto a motivo di quella dimensione educativa che, pur considerandone lo specifico ruolo, é essenziale anche per i media.

In questa dimensione passa la differenza sostanziale tra giornalisti e commercianti di notizie.

Una differenza che, ci sembra di poter affermare, è data in particolar modo dal riconoscimento del primato dell'etica.

Abitanti quali noi siamo della mediasfera ci chiediamo se ad erodere l'informazione e la comunicazione sia la forza della tecnologia oppure la debolezza dell'etica.

La tecnologia, assicurano molti esperti, sta cambiando e ancor più cambierà il modo di fare i giornali ma il giornalismo vivrà.

Quale giornalismo, quale informazione?

La domanda riporta all'essenziale di una professione intellettuale che, abbiamo ripetuto nei giorni scorsi, nonostante le apparenze, sembra sempre più smarrire la direzione indicata da quel codice deontologico che essa stessa si è dato.

Ritrovare questa direzione è indispensabile per dare sostanza e credibilità alla domanda di rispetto e di libertà che oggi si leva con forza.

La richiesta di una info-etica che Benedetto XVI pone nel messaggio per la Giornata delle comunicazioni sociali 2008 sta a ricordare l'urgenza di una risposta e il dovere di scegliere al bivio tra protagonismo e servizio.

Una segnale che deve "naturalmente" partire dall'interno della categoria giornalistica e dei suoi organismi rappresentativi.

La Chiesa italiana su questi temi ha sempre offerto il suo pensiero e ancor più lo offre oggi, nel momento in cui rilancia il tema della responsabilità educativa.

La questione etica scorre in molte pagine del Direttorio Cei sulle comunicazioni sociali. "Non si tratta - si legge in questo strumento di lavoro - solo di vincolare i media a regole che tutelino in particolare i soggetti meno garantiti e le categorie più marginali. In agguato sono nuove e pesanti forme di alienazione che possono condurre alla reificazione dell'uomo, ossia la riduzione della persona a cosa, oggetto e merce".

Rilevato il rischio viene indicata la via da intraprendere per non correrlo. "Una duplice prospettiva - continua il Direttorio - deve guidare l'etica della comunicazione: quella relativa alla centralità della persona, intesa sia come soggetto che comunica sia come fruitore e quella del bene comune. In questo senso, grande e grave è la responsabilità degli operatori dei mass media, chiamati ad adoperarsi perché i messaggi trasmessi con tanta efficacia contribuiscano alla cultura della vita".

Non è un messaggio "interno", basterebbe scorrere le carte deontologiche del giornalista - esercizio utile anche ai fruitori - per rendersi conto che c'è un'intesa di valore tra il pensiero della Chiesa e la riflessione laica sull'etica professionale.

Non potrebbe essere diversamente perché il pensare della Chiesa è nel pensare dell'uomo con il desiderio forte di giungere insieme a mete più alte, più ricche di verità e speranza, più umane.

Il giornalismo non dovrebbe sentirsi estraneo a questa ricerca di verità e di libertà: la sua storia e il suo futuro sono nella positiva inquietudine che abita una coscienza retta.

È questo il punto di partenza per chiedere il rispetto della libertà di informazione, una libertà che, come le altre, si conquista giorno per giorno in un'alleanza leale con un'opinione pubblica che non rinuncia a pensare.

 

Paolo Bustaffa

 

 

 

progetto: SoMigrafica 2009