LA SFIDA DEI CATTOLICI
Papa Paolo
VI, in un momento in cui il mondo politico mostrava manifesti segni di
degrado, con il coraggio che è proprio dei profeti, definì, quasi
provocatoriamente, la politica come la forma più alta di carità
indicando in essa lo strumento per il raggiungimento del bene comune.
Da quei giorni, segnati dalla dolorosa - ma anche equivoca perché oscura
- vicenda di tangentopoli, molta acqua è passata sotto i ponti e, alla
luce di quanto avviene, sembra che quella definizione sia, purtroppo,
divenuta priva di senso.
Troppo
lontana è la politica dalla gente, al perseguimento del bene comune si
è troppo spesso sostituito il perseguimento dell'interesse personale,
privato e pubblico si sono sovrapposti in un indistinto che non
consente più di individuare il lecito dall'illecito. Inoltre, la
malattia del protagonismo, a cui i messaggi dei mass media ci hanno
abituati, travolge i limiti che normalmente si impongono in una società
ordinata e con chiarezza d'identità . Basta guardarsi intorno per
rendersi conto che l'apparire è divenuto il riferimento ultimo del
progetto di vita di ciascuno, un apparire patologico che non tiene
conto di nulla e, soprattutto, non tiene conto della dignità della
persona umana. Dunque una società schizofrenica, che genera una politica
schizofrenica, incapace di distinguere il bene dal male. Tutto questo,
e il molto più che potremmo dire, sembra, dicevo, rendere inattuale e
ingenuo, l'affermazione di papa Montini. Ma sarà vero? Proprio oggi, di
fronte a quanto avviene, ci pare invece che l'attualità di quella
frase, laddove venga letta come monito, sia assolutamente
indiscutibile. Il riferimento forte del cardinale Angelo Bagnasco nella
sua qualità di presidente della CEI, ci conferma in questa nostra
convinzione. Come sappiamo egli sollecita un nuovo impegno dei
cattolici in politica, ciò che non significa la riproposizione di un
modello di partecipazione la cui esperienza si è conclusa con la fine
della Democrazia cristiana, un impegno destinato ad essere lievito
della azione politica, proprio per disincargliarla dalla prassi
presente e riportarla a quei contenuti valoriali che ne dovrebbero
costituire il corretto portato. E' un richiamo che ha un duplice
destinatario, esso si rivolge a coloro che impegnati in politica
affermano di essere cristiani e di agire secondo un progetto che
dovrebbe essere segnato, e purtroppo troppo spesso non lo è, dalla loro
fede, ma si rivolge anche a coloro che, un po' per delusione e
diffidenza, un po' per pigrizia, se ne stanno alla finestra preferendo
la strada del disimpegno salvo poi a manifestare sdegno e indignazione
per quanto avviene. É, a nostro avviso, un richiamo necessario, anche
perché abbandonare il campo, come si è per troppo tempo fatto, non
potrebbe che agevolare la deriva che da tempo segna il nostro sistema
politico - sociale. Ai cattolici, minoranza nel paese, l'impegno
politico pone la sfida che Giuseppe Lazzati sintetizzava splendidamente
nel suo “La città dell'uomo” e cioè di ideare e proporre obiettivi e
programmi ispirati a valori che, pur ultimamente radicati
nell'esperienza e nella tradizione cristiana, si configurano quali
valori umano - universali e, come tali, suscettibili di più largo
consenso?.Una sfida che non può non essere raccolta, oggi ancor di più
in cui il dovere di testimonianza deve trovare una concreta
manifestazione nell'impegno sociale. Certo, si può lamentare che gli
spazi di testimonianza sono quanto mai asfittici a causa di un immorale
professionismo della politica ormai consolidato in tutto il panorama
pubblico, ma è proprio del cristiano l'impegno, quel dovere di
partecipazione che don Luigi Sturzo additava anche come contenuto
proprio dell'essere cristiani.
Pasquale
Hamel
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