Vincenzo Noto

 

 

 

L’EMBRIONE NON E’ UN POSSIBILE PEZZO DI RICAMBIO

 

“Di fronte alle tante questioni e problemi che la bioetica oggi pone, assistiamo ad una progressiva perdita del senso umano della vita. Un riduzionismo scientista che interpella oggi le famiglie cristiane e l’intera comunità, chiamate a vivere, custodire e comunicare l’amore”. Così ieri sera mons. Antonio Staglianò, vescovo di Noto, intervenendo come principale relatore a un convegno promosso dal Vicariato di Pachino e Portopalo e organizzato dal Consultorio d’ispirazione cristiana di Pachino. Parlando di “custodire e comunicare l'amore. Il senso umano, cuore della bioetica”, il vescovo ha evidenziato che “le tante questioni che entrano nel quadro della bioetica – dall’inizio della vita alla sua fine, alle condizioni di forte disabilità, agli stati vegetativi, passando per la ricerca sulle staminali – possono essere affrontate con un giudizio rispettoso della realtà solo se si recupera il senso umano della vita. Perché, ad esempio, se gli embrioni vengono considerati, sì materia viva, umana, ma non persona – spiega oggi il vescovo al SIR – ecco che si rischia che assomiglino più a un possibile pezzo di ricambio. E questo implica un impoverimento del senso umano che si esprime e manifesta in altri e molti momenti della crescita e dell’educazione alla vita”.

“Senza un senso umano – ricorda il vescovo – lo stesso amore diventa fruizione di corpo per il proprio e altrui piacere, anche all’interno del rapporto coniugale, rapporto che deve essere d’amore, di unione dei due per il dono di sé e la generazione della famiglia”. Mons. Staglianò rivolge un appello alle famiglie, chiamate a “trasformare, oggi più che mai, la fede cristiana che professano in vita vissuta, e la vita in un cammino educativo che aiuti a recuperare il senso umano del vivere”. Per il vescovo, “i genitori devono recuperare il senso educativo e dare un orientamento dignitoso dei sentimenti dei figli”. Ecco allora che “custodire e comunicare l'amore, fare del senso umano il cuore della bioetica, significa aprire un discorso importante della pratica religiosa, che deve parlare di unità, perdono, amicizia vera, che deve parlare il linguaggio dell’educazione al dono, al servizio di sé, all’amore. L’esperienza della fede, dunque, diventa una grande sfida”. Il vescovo allarga l’appello alla famiglia anche alla comunità cristiana. “Si rinnovi – chiede – l’impegno alla ricerca dell’unità, unica strada capace di rendere il linguaggio di Gesù modello alternativo di umanità, modello nel quale l’umanità viene custodita e trasmessa, senza commercio e calcolo, dove l’altro viene curato, amato, dove l’esistenza di ciascuno diventa dono per gli altri”.

 

Sir

 

 

progetto: SoMigrafica 2009